‘Nel XIX secolo divenne chiaro che il cuore generava elettricità.’ Cammino col mio cuore in mano e tutti pensano che sia di gommapiuma. A Las Vegas il vero si smarrisce nel falso o forse è il falso che si ritrova nel vero. Nella città degli occhi conta l’immagine nello specchio; se mi spari, escono confetti. Nove città, infinite voci, nessuna meta. La direzione da seguire: l’altrove, in un tempo in cui l’altrove cede il passo all’ uniforme. Raccontare la ‘città moderna’ e le sue attraenti possibilità, quando qualcuno ti sussurra la miseria e la paura dei sobborghi. Raccontare la ‘città moderna’ centro nevralgico del tessuto economico, sociale e tecnologico quando qualcuno ti dice che il tempo del tuo sonno è quello che passa tra le sette stazioni della metropolitana. Raccontare la ‘città moderna’ sogno architettonico mutuato dall’ iperuranio platonico mentre qualcuno ti svela che nel continente accanto altri mille sono seduti sulla stessa sedia nella stessa stanza elicoidale a guardare inebetiti lo stesso spugnoso bocconcino di pollo. Raccontare la ‘città moderna’ e i suoi tentativi di sviluppo sostenibile, quando qualcuno ti fa notare che la natura oltraggiata e stanca guida sommosse e prepara la guerra. Raccontare la ‘città moderna’ e accorgerti che è un contenitore: di ragazze che ballano sole, di scarpe dimenticate
da anni, di uomini che guardano il cielo e di quelli che abbassano la testa fino a implorare, di cabine telefoniche spaccate da un amante ubriaco rimasto senza risposta, di primi amori che non scorderai mai e di genocidi che vorresti dimenticare.
Nel 1926 le notti di New York e il suo skyline ispirano la visione di ‘Metropolis’. La furia apocalittica sta per distruggere la città e l’unico mediatore possibile, si rivela il cuore. Nel 2011 a pochi anni dallo scenario immaginato da Lang, nel viaggio vorticoso di queste città senza tempo e senza spazio, dove l’arrivo segna la partenza, il confine slabbra nello smarrimento, gli elementi vengono da ognidove e tuo figlio forse è un tamagotchi… se riesci a buttarti dal vagone in corsa e resti illeso, scorgi ancora, da lontano, una linea, una linea d’orizzonte la cui ampiezza si misura in battiti: l’unico possibile mediatore, sembra essere una volta di più, quel magnifico generatore di pulsazioni elettriche. Allora bendati gli occhi e segui solo le frequenze.
Le città non puoi saperle, non puoi sentirle, non puoi vederle senza un EKC che ne registri le vite. Quali? Tutte quelle che puoi. Click.
Testo di Pamela Piscicelli/door