IL PIÙ È UGUALE AL MENO

“Il più è uguale al meno”. (‘U chijù, è c’um’u meni)

“Più” e “meno”. Addizione e sottrazione. In matematica al variare dei segni, varia il risultato. Fuori dal linguaggio di Pitagora, entrando nelle parentesi della vita, che valore diamo a questi semplici simboli o innocui avverbi? Il nostro bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno? Questione d’indole o di stato d’animo. E se, invece, il “più” fosse uguale al “meno”, come cambierebbero le prospettive? Massimo Mastrorillo parte da questa frase, da questo detto della tradizione popolare calabrese, per costruire un progetto fotografico che si muove proprio sul filo sottile di quest’atavica e apparentemente surreale saggezza.

Lo fa attraversando i vicoli, i mercati, gli aranceti; entrando nelle case, nelle chiese e nelle memorie private; infine, varcando la soglia del contatto con le persone e dell’esplorazione della natura.

Con uno stile rarefatto, lontano dai canoni classici dell’estetica, intesse una rete di addizioni e sottrazioni visive, fatta di sovra e sottoesposizioni, di sottili incastri tra vuoti e pieni, di verticalità essenziale che sembra corrispondere al “meno” e di un riallargarsi del campo visivo nei rari, ma potenti, paesaggi naturali. Un gioco di tasselli, un rebus per immagini che lascia ampi margini interattivi e interpretativi all’interlocutore.

Alla fine del percorso quello che resta è un senso di puro relativismo insito nella natura delle cose. E se una formica può attraversare l’aria come un funambolo su una corda da bucato, forse davvero, in una visione più ampia delle possibilità universali, il “più” è uguale al “meno”, e la differenza la facciamo noi.

Testo e progetto espositivo di Pamela Piscicelli/Door